Sulla stessa onda

Sulla stessa onda
Esce il 25 marzo su Netflix Sulla stessa onda, esordio alla regia del promettente Massimiliano Camaiti e film che risponde alla domanda: è possibile avere un bel teen drama in Italia?
Una spiaggia di Favignana dopo il tramonto. Un gruppo di ragazzi, studenti di un corso di vela di fine estate, che bisbocciano da prassi adolescenziale attorno a un falò, con tutto l'armamentario di birra e sguardi carichi di fomento, aspettative e spensieratezza. Sara e Lorenzo, studentessa e aiuto istruttore coetanei (diciassettenni), si contendono l'ultima bottiglia, si sfiorano, si conoscono, si piacciono. Il loro, però, è un amore impossibile. Non c'entrano le famiglie capricciose, né le differenze sociali: niente Romeo e Giulietta, e soprattutto, con tutto il rispetto, niente Tre metri sopra il cielo. C'entra, piuttosto, il fatto che Sara sia affetta da distrofia muscolare, malattia che la condanna a una vita di lotta per cercare di rallentare la degenerazione, senza la speranza di poter guarire definitivamente. A domanda su come avesse deciso di impostare un discorso così complicato come quello della malattia adolescenziale, mitigato da un amore intonso che lenisce ma non può salvare, l'esordiente Massimiliano Camaiti ha risposto: “Mi interessava quel momento in cui una ragazza capisce che la sua vita ha un termine prossimo: in che modo cambia il suo modo di ragionare? L'esperienza dell'amore come sta sulla bilancia a fianco della consapevolezza di una morte imminente? Sempre rimanendo al livello naif di due adolescenti puri, e facendo attenzione a tenersi all'altezza del loro punto di vista, senza mettersi su un piedistallo a giudicare”. Ragazzi che si amano e che vorrebbero solo sognare e navigare insieme in quelle acque sconosciute, ma sono ancorati (senza rassegnazione) a una realtà tragica e vera: niente Colpa delle stelle, però, e niente I passi dell'amore – sempre con tutto il rispetto. Sulla stessa onda porta la dignità di un racconto (e di un metodo) cinematografico alto all'interno di un genere che – non per sua natura, ma per pigrizia e per scarsa fiducia nei confronti del target a cui si rivolge – è spesso stato piagato da retorica condiscendente, pietismo e svendita delle emozioni un tanto al chilo. Camaiti, invece, fa il miracolo di portare il cinema (quello bello) in un genere come il teen drama.
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