Siamo nel 1974 e Mario Soldati dà alle stampe il romanzo Lo smeraldo dove il protagonista, evidente alter ego dell’autore stesso, compie, attraverso un sogno, un viaggio nel futuro. Proiettato in un mondo post-apocalittico inizia a familiarizzare con le nuove forme sociali e culturali. E qui ha a che fare anche con la morte del cinema: «Il cinema fu, nel passato, un incastro infausto che preludeva alla cultura di oggi. Ma oggi, la morte del cinema, l’inesistenza ormai definitiva del cinema come arte e come spettacolo è, nel presente, un incastro felice e fortunato che prelude alla cultura di domani, se mai avremo un domani. [...] Una volta, il cinema era considerato un’arte, una grande, vera arte come le altre: finché, negli anni immediatamente precedenti la catastrofe, passò addirittura per la prima e più importante tra tutte quante. Oggi, invece, si è capito, e lo sanno tutti, perfino i bambini delle scuole elementari, che il cinema era un trucco, un giocattolone complicato, un uso confuso di tutte le tecniche delle altre arti, ma senza nessuna autentica possibilità di carattere artistico. Il cinema, oggi, non è soltanto disprezzato: è dimenticato, ignorato. E quando, per un caso sempre più raro, si usa la parola “cinema”, la si usa come metafora: per definire qualcosa di estremamente goffo, assurdo e ridicolo. Tutta quella sovrapposizione di tecniche, quell’impasto, quel miscuglio elaborato di recitazione, danza, dramma, scenografie, meccanismi, luci, colori, gemiti: quel colossale imbroglio manieristico, pubblicitario, volgarmente scientifico si è rivelato, oggi, come un prodotto tipico, anzi emblematico ed esclusivo della defunta civiltà industriale e consumistica con tutti i suoi errori...». Ho letto come un’illuminazione queste righe perché ci impongono - più che mai in un momento come questo - di ripensare il cinema completamente, come forma espressiva, industria, arte. Risalire alle sue origini scientifiche (e quindi tecnologiche), fare i conti con il suo aspetto pubblicitario, riscoprire il senso del racconto audiovisivo. Il compito che ci attende è persino più arduo del mero risanamento economico. Soprattutto di fronte a nuove forme di cinema, nuove pratiche e modelli di cui Soldati sembra già avere sentore... «Certo, esiste il Kromphon, un registratore magnetico, a colori e audio, che può girare tutto quanto vede l’occhio, di giorno e di notte. Con le stesse macchinette, si può riprendere e si può proiettare dovunque, basta un muro. Tutti, volendo, possono fare il cinema, e dunque il cinema non esiste più come fenomeno di per sé attraente. In pratica, lo fanno solo dei saltimbanchi, dei poveretti senza arte né parte: tutti li disprezzano. Si sa, si sente oggi, che l’arte è il contrario del cinema perché si sa, ormai, che l’arte consiste appunto nell’ottenere il massimo effetto col minimo dei mezzi».
Le «macchinette» sono le nuove macchine di visione digitale, un mondo di possibilità tecnologiche che ci obbliga a interrogarci sul senso del cinema oggi. Prima dell’apocalisse.