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L'immagine della settimana

Eleonora Giorgi

Editoriale 10/2025

La ragazza dei sogni

Con la sua massa di capelli biondi, il suo sguardo sbarazzino e le minigonne mozzafiato, Eleonora Giorgi (scomparsa il 3 marzo 2025) è stata sicuramente l’emblema delle ragazze che a cavallo tra gli anni 60 e 70 bruciavano i reggipetti e rivendicavano nella società, così come nei rapporti privati, un modo nuovo di essere, di esistere, di pensare e di amare. E proprio in questa chiave gli attori più popolari del periodo la volevano al loro fianco. Adriano Celentano, Renato Pozzetto e Carlo Verdone, per esempio, hanno proposto film di grande impatto commerciale proprio giocando sulla contraddizione tra lei, scafata e birichina, e lui imbranato e tutto sommato succube di tanta vitalità. Indimenticabile il suo salire sulla scopa assieme al goffo Renato Pozzetto in Mia moglie è una strega, che riprende idealmente ramazze e voli di Miracolo a Milano, ma anche il suo dialogo con Piero Natoli nel film più dichiaratamente generazionale di Carlo Verdone va in quella direzione, essendo Eleonora Giorgi la compagna di scuola bella e bionda che tutti hanno avuto e al tempo stesso intimamente sognato. Se questa è l’immagine principale di Eleonora Giorgi in quegli anni, bisogna però constatare che c’era altro. Giuliano Montaldo, quando dirige uno dei pochissimi film capaci di raccontare il lato femminile della Resistenza, L’Agnese va a morire, compie almeno due miracoli: il primo facendo diventare la bellissima Ingrid Thulin una massiccia contadina romagnola, il secondo prendendo proprio Eleonora Giorgi per proporre il piccolo ma giusto personaggio di Vandina. Ricordava Montaldo: «Si presentava sul set bellissima, sorridente e allegra, con almeno tre ore di anticipo rispetto alla convocazione. Poi si chiudeva da qualche parte per provare da sola la parte, chiedendomi in continuazione consigli, dettagli, approfondimenti. Diceva che quel film era importante per lei per dimostrare che poteva fare anche il cinema d’autore». Con lo stesso spirito affronta la regia di un altro maestro, Dario Argento e il suo Inferno: «Sul set di New York, dove viene uccisa di morte cruenta in una delle prime scene del film, la Giorgi mi chiedeva in continuazione dettagli su come doveva leggere (la lettera), cercare (il libro) e poi affrontare una fine decisamente non troppo tranquilla. Voleva raccontare tutto con gli occhi: lo stupore e la curiosità prima, il terrore poi. Fu talmente intensa che potemmo asciugare anche il dialogo, con ottimi risultati, perché sapeva davvero parlare con gli occhi». Sembra una carriera tutta rosa e fiori, tra successi commerciali e grandi autori, ma non è stata così. Come molte altre attrici sue coetanee, anche la Giorgi conobbe la droga pesante che nei 70 ebbe una diffusione di massa, e i suoi amori furono sempre piuttosto travagliati, da quello con Alessandro Momo (il ragazzo di Malizia) a quello con Angelo Rizzoli, suo primo marito poi finito in carcere. Ma a differenze di molte colleghe, la sua non è stata una vita da maledetta. Uscita di fatto dal mondo del cinema, l’abbiamo poi vista a teatro, in televisione e soprattutto sentita in radio: una presenza fresca, vitale, incalzante, che nemmeno la consapevolezza della malattia ha saputo piegare. Faceva impressione vedere la lunga chioma bionda sostituita da una calotta nera per nascondere gli effetti delle chemioterapie. Faceva ancora più impressione sentire con quale naturalezza e voglia di vincere raccontava la sua malattia. Ma era una ragazza degli anni 70, come tale aveva infranto molti muri, e non sarebbe certo stato un tumore a farla arretrare.

FilmTv 10/2025

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