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Editoriale 13/2025
Senza stacchi
Dopo l’ottimo riscontro dello scorso anno, siamo tornati anche per il 2025 in edicola con l’Annuario delle serie, raccogliendo tutte le recensioni degli show televisivi pubblicate su Film Tv nel 2024. Un anno che abbiamo definito interlocutorio per il piccolo schermo, evidentemente segnato dai postumi del doppio sciopero di sceneggiatori e attori del 2023 (a sua volta esacerbatosi in un’industria che ancora non s’era ripresa dagli strascichi del COVID-19); un anno ricco soprattutto di ottime miniserie e trasposizioni letterarie, ma senza conclusioni seriali epocali come quelle di Succession o La fantastica signora Maisel, né titoli fenomeno in grado di catalizzare febbrilmente l’attenzione collettiva (eccezion fatta, forse, per il caso tutto italiano di Hanno ucciso l’Uomo ragno). Il 2025 è iniziato da soli tre mesi, e già possiamo dire che, almeno su quest’ultimo punto, lo scenario è già un po’ diverso: con Adolescence, uscita su Netflix lo scorso 13/3, abbiamo la prima vera (chissà se resterà l’unica) serie evento dell’anno, il cui successo si propaga di consiglio in consiglio, tra l’ammirazione condivisa per la sua scelta formale massimalista (quattro episodi, ognuno un lungo autentico pianosequenza) e la rilevanza dei temi che affronta e delle questioni che pone (certificheremo anche così il fatto che, dopo aver contribuito a riportare Donald Trump alla Casa bianca, la “manosfera” e gli “incel” siano definitivamente diventati parte del mainstream?). Riparleremo di Adolescence con uno speciale critico sul prossimo numero, ma non può non colpirci la coincidenza della sua uscita con quella, quasi in contemporanea, di The Studio (dallo scorso 26/3 su AppleTv+): che è una commedia satirica sul dietro le quinte di Hollywood, quindi quanto di più lontano da un dramma britannico sulla radicalizzazione misogina dei teenager, eppure utilizza anch’essa il pianosequenza come elemento costitutivo. Entrambe le serie sono state scritte e organizzate, in partenza, attorno a questa decisione formale. Seth Rogen - autore e interprete di The Studio - non ha fatto mistero di esser stato ispirato da I protagonisti di Robert Altman (e d’altronde il personaggio interpretato da Bryan Cranston si chiama Griffin Mill come quello di Tim Robbins nel film di Altman): per satireggiare Hollywood è necessario amarla davvero, e quale modo migliore di dimostrarlo che votarsi alla scelta stilistica insieme più complessa, appariscente, cinefila, celebrata e chiacchierata di tutte? Può essere che il pianosequenza alle serie serva (è già successo, e succederà) per cercare una legittimazione artistica - di cui, nel 2025, non dovrebbero aver bisogno, ma certo la mediocrità estetica in cui le piattaforme streaming hanno fatto ripiombare la tv non aiuta. In casi come questi, però, o come i tanti long take dell’ancora inedita The Pitt - un medical drama che racconta il turno di un pronto soccorso in tempo reale - sembra anche un modo di reclamare uno strumento narrativo e metterlo alla prova dello specifico televisivo: d’altra parte, una delle cose che contraddistingue il linguaggio seriale è la disponibilità e la gestione del tempo, e il pianosequenza soprattutto a questo costringe, a fare i conti con i minuti che passano, e con lo spazio che attraversano. È un modo di invocare la realtà (come nota Ilaria Feole nella sua recensione a pag. 38), rendendo evidente anche l’artificio della messa in scena: che sia di buon auspicio per un anno di tv nuovamente entusiasmante - che avremo cura di riassumervi, poi, tra 12 mesi, nell’Annuario delle serie 2026.