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L'immagine della settimana

Piedino il questurino

Editoriale 47/2024

Il sublime e l'infame

Si stava meglio quando si stava peggio. Prima cosa passata per la testa dopo la notizia della morte, lo scorso 10 novembre, di Galliano Juso, classe 1937, pugliese “de Roma” DOC, produttore di film sublimi e infami, sempre in cerca di quattrini da investire sfruttando lo sfruttabile, dalle pro loco al ministero. Spesso dalla sua factory uscivano cose che oggi a raccontarle non ci si crede - consiglio a questo proposito Piedino il questurino (1974), bellissimo e puro trash secondo la nobile definizione di Tommaso Labranca; oppure, tra i sublimi, Il grande racket (1976) di Castellari dove una ragazza viene sodomizzata da Romano Puppo, mi immagino nel tripudio della sala, ovviamente strapiena. Juso produce tutto da solo Squadra antiscippo (1976), il primo film con Nico Giraldi/Tomas Milian della maison Corbucci (Bruno) e Amendola (Mario), intuisce la forza del personaggio anche in chiave “Serpico de noantri” e lascia mano libera nei dialoghi, soprattutto quelli non ripetibili oggi («A chiappè, su sta fava nun se scoreggia» dice Nico a un sospettato gay). Anche qua, successo e altri cinque titoli in serie, gran finale con Assassinio sul Tevere (1979), tra i migliori della serie der Monnezza, che è un altro personaggio ancora, sia ben chiaro, inventato da altri, Sacchetti e Lenzi ai tempi di Il trucido e lo sbirro (1976), ma è ormai diventato una specie di filone specifico del cinema italiano popolare, il “genere Tomas Milian” di cui fanno appunto parte anche i film di Nico. Juso segue il talento del conterraneo Fernando Di Leo dietro la macchina da presa e gli produce Il poliziotto è marcio (1974) e La città sconvolta: caccia spietata ai rapitori (1975, suo anche il soggetto). Ha pure scritto, oltre che prodotto, un film di culto del 1986, La signora della notte, a suo modo un ritorno al trash filologicamente inteso volendo essere una sorta di Miranda-remake (frase di lancio: «La chiave ha aperto la porta, Miranda l’ha spalancata, La signora della notte vi invita a entrare»), sempre con Serena Grandi che non ha bisogno di “sostanze” (il film comincia con lei che fa aerobica all’aperto) per essere quello che è. Nel 2004, alla Mostra di Venezia, grazie a Marco Giusti e Marco Müller si è assistito allo spettacolo irripetibile di W la foca proiettato nella stessa sala, e subito dopo, i film di Ozon (era CinquePerDue) e Jia Zhangke (Shijie), o di quell’insopportabile e bolso trittico di autori o presunti tali che era Eros (Antonioni/Wong/Soderbergh). Alla fine, in estasi (io c’ero, e forse c’è pure un video da qualche parte), Eli Roth lo definì «il più grande film mai realizzato». Forse no, ma ci stava. Galliano Juso aveva un’idea di cinema, eccome. Altrimenti come avrebbe potuto passare da Nando Cicero a Ciprì e Maresco per il sublime (e infame) Lo zio di Brooklyn? Andrea Barzini, regista di Flipper e Desiderando Giulia (ancora e sempre Serena Grandi) sul suo profilo Facebook racconta di essere stato una volta cacciato da Juso che lo accusava di cincischiare perché «il cinema, quello alto o quello basso, non si fa se non c’è una necessità, un impulso, una sola idea, ma totale. Anche per mettere in mutande la professoressa». A proposito, prima che arrivi qualcuno (maschile sovraesteso) con il ditino alzato a farci la morale, Galliano Juso ha prodotto Benzina di Monica Stambrini che alla fine, sempre sui social, ha scritto di lui la cosa più bella: i cattivi maestri sono comunque maestri.

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