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L'immagine della settimana

Elvira Notari

Editoriale 41/2025

Ode alla piccerella

«Giovane volitiva, schietta e anche incline alla trasgressione», definizione napoletana di “piccerella”, non tanto “ragazzina capricciosa”. Era così Elvira Notari, copia della sua diva charmante, Rosè Angione, femme fatale, seduttrice, attratta dalla festa di Piedigrotta tutta musica e fuochi d’artificio. 19061930: il tempo per la Dora Film di sfornare centinaia di corti documentari e circa 600 lungometraggi di cui rimangono solo frammenti. Si salvano pochi titoli (È piccerella, ‘A santanotte, presentato alle Giornate del cinema muto 2025, e Fantasia ‘e surdato), che da muti esplodono nel suono dal vivo dell’orchestra e nella voce di un cantante sincronizzato con le immagini sullo schermo. Multimedialità ai tempi del silent movie e prova di Technicolor con la pellicola colorata a mano fotogramma per fotogramma. Protagonista del documentario Oltre il silenzio di Valerio Ciriaci (in sala dal 13/10), Elvira è come la pioniera francese Alice Guy, fondatrice del suo studio, la Solax nel New Jersey. E come Mary Pickford, attrice, sceneggiatrice, regista, produttrice, distributrice con la United Artists. Solo che nell’Italia dell’epoca il nome del marito, Nicola, era l’unico ammesso. Nata a Salerno nel 1875, modista, taglia e cuci, imparò a farlo sul negativo dei film girati per le strade di Napoli, esterni comunicanti con gli interni, in un gioco di sipari teatrali tra finestre e cortili. «Sinfonia urbana» così la definisce Giuliana Bruno, napoletana docente ad Harvard, nel suo libro imprescindibile Rovine con vista. La storia del cinema ha cancellato la prima regista italiana, perché? Sì, il fuoco bruciava il nitrato d’argento - montagne di bobine perdute - e la censura fascista la ostacolò, intollerante alla visione di povertà, violenza, donne ribelli, e alle didascalie in dialetto. Ma soprattutto i critici contribuirono alla scomparsa di Elvira, bollando i suoi film come sottoprodotti dei grandi kolossal storici - Cabiria, Gli ultimi giorni di Pompei, Quo vadis? - definiti racconti di scarto popolano a base di scugnizzi, guappi, malefemmine, passioni convulse, vendette. Anni 70. Sarà soprattutto la critica femminile/femminista a leggere l’estetica innovatrice di Notari tra realismo e sconfinamento nel fiabesco, mélo dai toni espressionisti, al di là dell’anticipazione neorealista. Svelata la preziosa traiettoria della macchina da presa nella luce obliqua che attraversa l’inquadratura di È piccerella (1922) lungo il golfo di Napoli, con la carrozza scura tirata da due cavalli ornati di piume, e sulla quale Margaretella dagli occhi bistrati è costretta ad assecondare uno spasimante ossessivo. L’obiettivo la segue nella fuga e nell’arrembaggio di un’automobile in sosta, un taxi, e via di corsa lontano dal maschio furioso. Fulmineo transito dal passato alla modernità, dalla vamp Theda Bara a Clara Bow, la maschietta dei ruggenti anni 20. La poetica di Notari segue il timbro forte delle canzoni di successo e oltrepassa l’Atlantico fino a NY dove la Dora Film apre un ufficio sulla 7ª strada. Le immagini rimbalzano da una costa all’altra seguendo il flusso degli emigrati, l’America si plasma con i suoi film, erotismo, lacrime e gelosia, amore e morte. I paesaggi nativi sostituiscono la memoria e il sogno di tornare a casa, e così gli italoamericani commissionano alla Dora Film le riprese dei paesi dove non torneranno mai più. Nascita della grande illusione e della “giovane incline alla trasgressione”. Se la dark lady sarà uccisa negli anni 40, la piccerella, vogliosa di seta e di profumi, morirà accoltellata dall’uomo respinto. Incompatibile anche lei al mondo. The Little Girl’s Wrong, così il titolo americano. Una “bambina sbagliata”, lei, Elvira.

FilmTv 41/2025

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