Carrie è una ragazza che ha ricevuto dalla madre un’educazione ossessivamente religiosa e che viene bullizzata a scuola. Solo Sue si pente e convince il suo fidanzato ad accompagnare Carrie alla festa di fine corso. I due vengono eletti coppia regina della serata, ma uno scherzo beffardo della perfida Chris scatena la vendetta di Carrie che, nel suo passaggio all’adolescenza, ha acquisito poteri paranormali. Quello di Stephen King è un racconto, un libello agile e piuttosto approssimativo dal quale De Palma, in libera uscita nell’horror a basso budget, trae un testo teorico fondamentale per il futuro del genere. L’adolescenza come luogo di alienazione, di autoreferenzialità. La scoperta del proprio sesso come abisso che si spalanca ai piedi della protagonista, sprofondandola nell’isolamento e in una crescita dell’odio da consumare nell’occasione sociale per eccellenza: il ballo di fine anno. Una madre conservatrice, bigotta e punitiva, simbolo paradigmatico di un’America schiava delle proprie inestirpabili convinzioni. Praticamente, in Carrie - Lo sguardo di Satana è contenuto, in potenza, tutto il materiale simbolico del quale l’horror a venire si nutrirà voracemente tra slasher movie a matrice teen, esorcismi assortiti e massacri collegiali. De Palma dirige con attenzione rivolta all’angelica Sissy Spacek, presenza di inarrivabile purezza nel bel mezzo di un bagno di sangue. E nel mattatoio della vendicatrice finisce in pezzi anche un giovane John Travolta, che l’anno dopo inizierà a ballare con La febbre del sabato sera addosso.