Cara Valentina - Intervista a Valentina Lodovini

Servizio pubblicato su FilmTv 27/2020

Cara Valentina - Intervista a Valentina Lodovini


Il cinema sognato e quello conquistato, il teatro e le serie tv: la protagonista di Cambio tutto!, disponibile su Prime Video, racconta le tappe di una lunga e felice carriera.

Era prima del lockdown. Sulla facciata del multisala Adriano, il più grande della Capitale, campeggiava Valentina Lodovini con una mazza da baseball in mano. Si trattava, e si tratta, del manifesto di Cambio tutto!, inizialmente atteso nelle sale dal 5 marzo 2020. Ancora oggi la grande pubblicità domina piazza Cavour. Ma è davvero cambiato tutto. Il cinema Adriano è tuttora chiuso, mentre il film di Guido Chiesa, prodotto da Colorado e distribuito da Medusa, il 18 giugno 2020 ha preso la strada di Prime Video. Partiamo proprio da qui con Valentina Lodovini, nata a Umbertide, Perugia, il 14 maggio 1978.

Meglio ancora, partiamo prima dall’anagrafe: umbra o toscana?
Facciamo chiarezza una volta per tutte. Allora, a mia mamma si ruppero le acque per strada, ma io sono toscana, di Sansepolcro, in provincia di Arezzo. Sicché, che facciamo, diciamo che Amy Adams è italiana perché è nata a Vicenza?

Bene, ripartiamo allora dalla fine, dall’uscita su Prime Video, invece che in sala, del suo film da protagonista assoluta.
Cambio tutto! nasce per il cinema: sono amareggiata, non posso certo nasconderlo. Mi sarebbe piaciuto il grande schermo, il suo habitat naturale. Per capirci, io ho sofferto anche del passaggio dalla pellicola al digitale. Poi però penso che, come Giulia nel film cambia per poter sopravvivere, anche il film stesso abbia dovuto trovare altre strade per arrivare al pubblico.

È lo stesso percorso che ha intrapreso ora anche È per il tuo bene di Rolando Ravello, in cui lei è co-protagonista sebbene il suo nome, insieme a quelli di Isabella Ferrari e Claudia Pandolfi, non figuri nella locandina inizialmente diffusa.
È ovvio che si è trattato solo un errore. Ma la cosa che più mi ha ferito è che sui social, soprattutto le donne, hanno dato la responsabilità addirittura a noi attrici.

Lei è molto attiva e seguita su Instagram, Facebook e Twitter, dove ha preso posizione sostenendo gli Stati popolari di Aboubakar Soumahoro.
Penso che un artista debba vivere nella contemporaneità: è uno dei suoi doveri. Per cui sono io che posto contenuti diversificati, proprio come sono diversi tra loro quei tre social. Il 5 luglio sono scesa in piazza per sostenere il diritto al lavoro degli invisibili, dei lavoratori agricoli. Mi sembra strano che ci sia bisogno di farlo, ma tant’è.

In Cambio tutto! la protagonista, sua coetanea, si trova a guadagnare meno dei colleghi maschi e quando alza la testa si sente dire frasi come «ma hai il ciclo?», «No? Allora sarà la menopausa»...
Per quanto riguarda la parità, non si può credere nell’uguaglianza dei sessi perché non c’è. Fino a quando gli uomini non chiederanno più diritti per le loro madri, figlie e sorelle sarà difficile ottenere più rispetto.

Ci sono state in passato altre commedie che hanno saputo raccontare figure femminili complesse e sfaccettate: per esempio Il segno di Venere di Dino Risi con Franca Valeri, che il 31 luglio 2020 compie 100 anni.
Sono cresciuta, e mi sono formata come donna, a pane e cinema in una famiglia che aveva altri interessi. Quando entro in scena, sul palco o sul set, do tutto quello che ho, pensando a personalità con cui ho avuto incontri di formazione, anche se non “fisici”. Ecco, Franca Valeri è tutto questo: è un’eredità preziosa, è ispirazione, è stima. Tutte cose, queste, che sento talmente tanto da aver finito per temerla pur non avendola mai incontrata. So però che è una donna molto indipendente ma non chiusa e che è, sopratutto, molto ironica. Talento a parte, credo che l’ironia sia l’arma più potente di cui disponga una donna.

Lei ha incontrato difficoltà come attrice?
Non posso lamentarmi, sono stata privilegiata come donna e come attrice, però certo la scelta dei ruoli femminili non è poi così ampia. A volte leggendo una sceneggiatura ho pensato che il personaggio fosse debole o poco funzionale, ma mi sono rimboccata le maniche per cercare di renderlo più interessante e vivo, potendo, in alcuni casi, modificare lo script.

A proposito del lavoro attoriale, che ricordi ha del Centro sperimentale di cinematografia, dove si è diplomata nel 2004?
Venivo da una scuola di teatro, è difficile raccontare tre anni e mezzo così intensi, pieni di cose belle, bellissime ma anche brutte, bruttissime. Come la vita. Io lo considero casa mia e lo rifarei subito. Lì ho incontrato il mio maestro, Nicolaj Karpov, che poi lo era di tutta la nostra bellissima classe piena di personalità diverse. Sa a che cosa giocavamo? Ci chiedevamo l’un l’altra: «Con quale regista ti piacerebbe lavorare?».

Che cosa rispondeva?
Che ne sognavo tre.

Il primo?
Carlo Mazzacurati. E la realtà poi ha superato il sogno. È stato un privilegio lavorare con lui in La giusta distanza, che affrontava un tema ora tanto attuale come quelo della paura del diverso. Per un’attrice emergente si trattava di uno dei ruoli più belli che si potessero immaginare. Carlo era talmente intelligente che chiedeva la tua opinione; amavo come sapeva raccontare le donne, con totale mancanza di ipocrisia, anche nelle inquadrature. Mi manca tanto, è un vuoto che non si colma.

E gli altri due?
Paolo Sorrentino, con cui ho debuttato in L’amico di famiglia, e Eros Puglielli, con cui ho fatto la serie 48 ore. Nel mezzo ho lavorato anche con Francesca Comencini in A casa nostra

Spesso si parla di un “tocco diverso” quando dietro la mdp c’è una donna...
Finché si faranno queste distinzioni non cambierà nulla. Conta la qualità umana. Ci sono uomini che hanno raccontato egregiamente le donne e viceversa. La sintesi l’ho trovata in due magnifici artisti, Dario Fo e Franca Rame, nel testo che sto portando a teatro, Tutta casa, letto e chiesa. L’hanno scritto nel 1977, ma è di un’attualità disarmante. Porto in scena quattro donne, con tutto quello che esse subiscono. È un racconto talmente puro che fa ridere a crepapelle ma è anche pieno di dolore.

Dopo il grande successo di Benvenuti al sud avrà ricevuto molte proposte...
Sì, certo, ma penso che la carriera si costruisca più con i no che con i . In Benvenuti al sud c’era un discorso attoriale che mi garbava riguardo al fisico, al carattere e al dialetto. È un film che mi ha dato tanto, compresa la notorietà presso il pubblico, senza la quale non esisterei. Dopo, però, mi sono messa a fare teatro con Giorgio Gaglione con un testo difficile libanese, Quando Nina Simone ha smesso di cantare di Darina Al-Joundi, e ho preso altre strade. Amo il mio lavoro alla follia e, a tornare indietro, rifarei ogni cosa, anche se ci sono state giornate in cui piangevo pensando di aver sbagliato tutto.

Quali ruoli sogna di interpretare?
Blanche di Un tram che si chiama desiderio, che amo alla follia, e - non rida - Iago di Otello. Sono sicura che potrei farlo.

Le piacciono le serie tv?
Da morire, ho finito tutto Netflix e tutto Prime Video. Ultimamente ho apprezzato The English Game, ovviamente Fleabag, The Last Dance, Chernobyl, Fosse/Verdon, SKAM Italia. Sto vedendo ora Normal People, che mi garba tantissimo.

La pandemia ha interrotto le riprese di 10 giorni con Babbo Natale di Alessandro Genovesi.
Abbiamo girato da gennaio al 29 febbraio 2020, e in realtà ci mancano solo cinque minuti, una parte che era ambientata in Finlandia. Non so come il regista abbia modificato il finale, che gireremo tra poco a Roma. Se tutto va bene uscirà il 17 dicembre 2020. Intanto ho fatto il test sierologico.

A proposito, sembra che usciranno parecchi film sul lockdown...
Guardi, io mi auguro che l’unico a fare un film su tutto questo sia Michael Haneke.

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